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RONDINELLI ClassicSportsCars
Ferrari 275 GTB long nose "Torque tube", silver, 1966
Interni originali, conservata e certificata Ferrari Classiche | Original interior, preserved and Ferrari Classiche certified
Venduta | Sold
(English text below )
La Ferrari 275 GTB Berlinetta sostituì la 250 GT Lusso e fu presentata al Salone di Parigi del 1964 per poi essere prodotta fino al 1966 in circa 450 esemplari. Ha introdotto due soluzioni inedite per le Ferrari stradali, al fine di migliorare l’handling: al posteriore si trovava ora il cambio ed il differenziale, secondo lo schema transaxle, e le sospensioni erano indipendenti. Queste soluzioni derivavano dall’esperienza accumulata nelle competizioni e si trasferì quindi la tecnologia anche sulle vetture di serie.
L’esemplare proposto è una 275 GTB muso lungo “torque tube”, quindi l’ultima evoluzione del modello prima dell’avvento del motore a 4 alberi a cammes; è stato prodotto nel Maggio del 1966 per il mercato italiano ma ha passato gran parte della sua vita in Svizzera, probabilmente acquistata da un italiano che viveva nel paese elvetico. L’auto uscì da Maranello nell’attuale configurazione, argento con interni in pelle neri e moquette a contrasto.
Pare che l’auto abbia avuto unicamente il sopra citato proprietario, ad eccezione di un suo conoscente che la ebbe per pochi anni prima di cederla nuovamente al precedente. Tramite un commerciante italo-francese, l’auto è giunta in Italia nel 2004, presso un collezionista toscano che l’ha certificata Ferrari Classiche ed ha eseguito la manutenzione presso la nota officina Bonini, percorrendo non più di 5000km.
Nel 2022 l’auto è stata acquistata dall’attuale proprietario ed il contachilometri si è fermato a poco più di 98.000km: apparentemente si tratta del chilometraggio reale, giudicando lo stato di conservazione della vettura.
Come la maggior parte dei possessori di 275 GTB, il primo proprietario richiese la modifica a 6 carburatori Weber 49 DCN/9, sull’esperienza delle vetture impiegate nelle competizioni; al contrario non vennero scelti i cerchi in lega preferendo i più classici Borrani a raggi.
Motore e trasmissione sono quelli di primo equipaggiamento, come si evince dal certificato Ferrari. La carrozzeria è stata rinfrescata prima di giungere in Italia, quindi oltre 20 anni fa, probabilmente per ravvivare la prima vernice metallizzata che tendeva ad opacizzarsi con il tempo: oggi si presenta con qualche segno del tempo che le conferisce un aspetto “quasi” conservato, seppure rimane a discrezione del nuovo proprietario un’eventuale riverniciatura. Tutto il resto, a partire dalle cromature per concludere con i plexiglas dei fanali sono incredibilmente conservati e ben si armonizzano con un interno totalmente originale, mai toccato, sottoposto unicamente ad un approfondito car detailing.
La vettura è completa delle due borse attrezzi e cric, unitamente alla ruota di scorta originale.
Libretto italiano e certificato Ferrari Classiche, disponibili.
Note sul modello (Fonte: Ferrari)
L'aspetto della 275 GTB era molto più aggressivo di quello della progenitrice, con una presa d'aria del radiatore di maggiori dimensioni dotata di griglia in alluminio, angolata verso il retro nella parte bassa come una bocca affamata, e delimitata dai paraurti angolari sopra i quali si trovavano i gruppi ottici anteriori, profondamente incastonati e protetti da una copertura in plexiglass.
La carrozzeria esibiva delle curvature notevoli e le sue linee generali echeggiavano in parte quelle della 250 GTO, con una lunga sezione anteriore e abitacolo arretrato che terminava in modo marcato con una corta coda tronca. Il corpo vettura fu disegnato da Pininfarina e costruito da Scaglietti, solitamente in lamiera d'acciaio con porte, cofano motore e chiusura del vano bagagli realizzati in alluminio, ad eccezione dei modelli “Competizione” interamente in alluminio. L'abitacolo aveva una configurazione a tre luci con un grande parabrezza molto bombato e un lunotto quasi piatto, delimitato dai montanti posteriori che incorporavano gli sfiati tripli per l'aria: il disegno di questi ultimi si abbinava alla soluzione similare sita sui parafanghi anteriori, atta a permettere lo sfogo dell'aria all'interno del vano motore, con la differenza che in questo caso gli sfiati erano quadrupli. Dopo un anno dal lancio, il modello fu interessato da un rinnovamento che fu presentato ancora una volta al Salone di Parigi: il muso in particolare venne allungato e reso più slanciato con un cofano motore piatto che andava a sostituire il precedente, dotato di una parte centrale rigonfia e tipica delle vetture a "muso corto". Nello stesso tempo furono incrementate le dimensioni del lunotto e le cerniere del cofano bagagli divennero esterne, così da aumentare la capacità del vano sottostante. I modelli oggi vengono definiti “muso corto” e “muso lungo” proprio per queste caratteristiche.
Le carrozzerie erano montate su uno chassis avente un passo di 2400 mm con, inizialmente, numero di riferimento interno 563 che in seguito agli aggiornamenti estetici diventò 563/66. Furono tutti identificati dalla numerazione dispari tipica delle vetture stradali. La costruzione seguiva le stesse linee guida dei modelli precedenti ma con la sezione posteriore a tubi rastremati, necessaria per alloggiare la nuova trasmissione e l'assemblaggio delle sospensioni posteriori.
I cerchi ruota standard furono realizzati in lega leggera ed ebbero due differenti configurazioni estetiche: sulle prime vetture si scelse il disegno a stella mentre nelle versioni successive, a "muso lungo", si scelse una semplice ed elegante ruota con dieci fori. Lungo tutto il periodo di produzione furono sempre disponibili, su richiesta, le ruote a raggi della Borrani.
Il propulsore era un derivato di maggior cilindrata del classico V12 a blocco motore corto con albero a camme in testa progettato da Gioacchino Colombo. II numero di riferimento interno era 213, la cilindrata totale 3286cc con alesaggio e corsa di 77mm x 58,8mm. Era alimentato da una batteria di carburatori che poteva essere composta da tre Weber doppio corpo 40 DCZ/6 o 40 DFI/1, su richiesta si potevano avere anche sei Weber 40 DCN3. Era presente una doppia bobina e il distributore d'accensione era situato nella parte posteriore dell'unità motrice, la potenza dichiarata era di 280 cavalli.
La coppia era trasferita mediante un asse che ruotava alla medesima velocità del propulsore e arrivava al transaxle con cinque marce, il cui supporto era indipendente da quello del telaio. Da qui il moto si trasferiva mediante due semiassi alle ruote posteriori dotate di sospensioni indipendenti con bracci oscillanti, molle elicoidali e ammortizzatori idraulici.
Inizialmente il motore aveva quattro punti d'attacco e il transaxle tre, e l'albero di trasmissione che li collegava era dotato di giunti scorrevoli. Tuttavia, in questa soluzione il corretto allineamento tra i due blocchi si rivelò difficile da mantenere, e dopo varie sperimentazioni si stabili la soluzione definitiva: motore e transaxle con doppi punti d'attacco, mentre l'albero di trasmissione girava all'interno di un tubolare collegato ai due blocchi. In questo modo, il propulsore e il transaxle diventarono un'unità rigida e definirono i cosiddetti esemplari “torque tube”.
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The Ferrari 275 GTB berlinetta replaced the 250 GT Lusso at the 1964 Paris Salon and was produced till 1966, in around 450 examples among the two series; it introduced two features, landmarks in Ferrari's road car production history: the rear-mounted gearbox with differential, in a transaxle assembly, and the independent rear suspension. The company already had plenty of experience of both systems in their competition cars, the technology of which filtered through to the road models.
The example proposed for sale is a 275 GTB long nose “torque tube”, therefore the last evolution of the model before the advent of the 4 camshaft engine; it was produced in May 1966 for the Italian market but spent most of its life in Switzerland, probably purchased by an Italian who lived in the Swiss country. The car left Maranello in its current configuration, silver with black leather interior and contrasting carpeting.
It seems that the car has only had the aforementioned owner, with the exception of an acquaintance of his who had it for a few years before selling it again to the previous one. Through an Italian-French dealer, the car came to Italy in 2004, to a Tuscan collector who certified this 275 GTB by Ferrari Classiche and carried out the maintenance at the well-known Bonini workshop, covering no more than 5000km.
In 2022 the car was purchased by the current owner and the odometer stopped at just over 98,000km: apparently this is the real mileage, judging the state of preservation of the car.
Like most 275 GTB owners, the first owner requested the modification to 6 Weber 49 DCN/9 carburetors, based on the experience of the race cars; on the contrary, alloy wheels were not chosen, preferring the more classic Borrani spoked ones.
The engine and transmission are the original equipment ones, as can be seen from the Ferrari certificate. The bodywork was refreshed before arriving in Italy, therefore over 20 years ago, probably to revive the first metallic paint that tended to dull over time: today it presents some signs of aging that give it an "almost" preserved patina, although any repainting remains at the discretion of the new owner. Everything else, from the chrome to the plexiglass headlights, is incredibly well preserved and blends in well with a totally original interior, never touched, subjected only to in-depth car detailing.
The car is complete with two tool bags and jack, together with the original spare wheel.
Italian registration document and Ferrari Classiche certificate, available.
Historical notes (source: Ferrari)
The 275 GTB was much more aggressive in appearance than its predecessor, with a larger radiator opening, featuring an egg crate pattern aluminium grille, angled rearward at the lower edge like a hungry mouth, bounded by quarter bumpers, with above them deeply recessed headlights under Plexiglass covers.
The body featured powerful curves with overall lines that had echoes of the 250 GTO, with a long forward section and a set back cabin falling sharply into the short cut tail. The body was designed by Pininfarina and constructed by Scaglietti, normally in steel with aluminium doors, bonnet, and boot lid, although some examples received full aluminium bodies. The cabin was a three window design with a large deeply curved windscreen and an almost flat rear screen bounded by sail panels that featured triple cabin exhaust air slots that matched the quadruple arrangement on the front wings. A year after its introduction the model underwent a facelift, which was again shown for the first time at the Paris Salon: the most noticeable revision was the provision of a new longer slimmer nose, with a flat bonnet replacing the lightly raised centre section unit on the "short nose" car. At the same time the size of the rear screen was increased, and the boot lid hinges became external to increase the capacity within. The models are generally referred to today as "short nose" or "long nose" two cam models.
The bodies were mounted on a 2400mm wheelbase chassis that had factory reference numbers 563, and then 563/66 after the facelift; all were numbered in the odd chassis number road car sequence. The construction was along the same basic lines as that of the previous models, but with a tapering rear main tube section, due to the revised transmission and rear suspension assembly.
The standard wheels were alloy of two different patterns, a "starburst" design on early cars, and a simple elegant ten hole design on later "long nose" cars, with the option of Borrani wire wheels throughout the production period.
The engine was an increased capacity derivation of the single overhead camshaft per bank V12 Colombo designed "short" block unit, with factory type reference 213, of 3286cc capacity, with a bore and stroke of 77mm × 58.8mm. It was fitted with a bank of either three twin choke Weber 40 DCZ/6 or 40 DF1/1 carburettors, or the optional six Weber 40 DCN3 assembly, with a twin coil and rear of engine mounted distributors ignition system, to produce a claimed 280bhp.
The engine drove through a shaft running at engine speed to a five speed transaxle which was independently supported from the chassis frame, and then by drive shafts to the independently suspended rear wheels, with wishbones, coil spring and hydraulic shock absorbers to each wheel.
Initially the engine had four mounting points and the transaxle three, with sliding joints on the drive shaft between them. However, this proved difficult to maintain in alignment, and after trials, the final derivation was to adopt twin engine and transaxle mounting points with the drive shaft running within a solid tube connecting the two, making the engine and transaxle a rigid unit. These upgrades examples are the so called “torque-tube”.